La purificazione è strettamente legata alla guarigione. La guarigione è imprescindibile da una purificazionein primo luogo fisica; la pulizia del corpo è indispensabile per una corretta igiene che da sola previene un gran numero di malattie; quando si riporta una ferita, la prima cosa da fare è pulirla e rimuovere corpi estranei; e quando si deve provvedere alla cura di un malato sarebbe bene che il luogo in cui risiede fosse il più possibile pulito o addirittura sterile. Ma al di la di queste considerazioni ovvie, alcuni approcci alla guarigione contemplano anche altri tipi di purificazione, non fisica, sottile. Sul libro “Ipotesi sulla guarigione” di Davide Melzi un capitolo è dedicato a “La purificazione dalle lebbre del Sole e della Luna”, e in questo brano purificazione e guarigione sono intese come così strettamente connessa che spesso la prima, da sola, implica la seconda (il testo è degno di nota anche perché tratta i temi della purificazione con l’acqua e con il fuoco):
«Simbolicamente l'acqua lava e purifica uno stato caotico ed impuro, rimuove la negatività e la malattia. In tutte le tradizioni c'erano riti che contemplavano l'uso di un'acqua “sacra”, perché al significato profano il rito sovrapponeva un significato profondo; ci si potrebbe riferire alle aspersioni di acqua “benedetta” che erano diffuse in tutte le religioni orientali od occidentali. Il versare acqua su un essere vivente o su un oggetto avrebbe avuto anche il valore di una rigenerazione, di un conferimento di potere. Detto per inciso, bisogna considerare che la purificazione della parte sottile non sempre coincide con la pulizia esteriore del corpo, specie nel senso in cui quest'ultima è intesa e ricercata dagli uomini e dalle donne moderne. Si potrebbe anzi dire che i moderni, probabilmente per una forma di disgusto verso tutto ciò che è fisico e fisiologico - disgusto che è tanto più sorprendente dato che è proprio sul piano materiale che sembrano vertere tutti i loro interessi - cercano con ogni mezzo di cancellare la propria stessa corporeità, per giungere ad una specie di asetticità fisica; la quale peraltro è tipica non degli esseri viventi, ma degli oggetti inanimati, specie di quelli prodotti industrialmente, come la plastica. (…)
D'altra parte sarebbe forse il caso di precisare, per evitare equivoci, che la “pulizia” interiore alla quale ci si riferisce non sarebbe certo riconducibile nemmeno alla sfera della morale - almeno così come essa è oggigiorno intesa - bensì è uno stato di bellezza, di armonia e di sintonia con la propria parte profonda, che potrebbe anche benissimo esprimersi con atti e comportamenti i quali non sarebbero per niente apprezzati dai moralisti e dai benpensanti. (…)
Nella storia antica si trova traccia di luoghi naturali, cioè fonti, fiumi o altri corsi d'acqua, che avrebbero posseduto speciali poteri di guarigione, dei quali poteva beneficiare chi si fosse bagnato o immerso nelle acque sacre.
Si potrebbe intuire che la Fonte era simbolo del punto metafisico da cui scaturisce la manifestazione
dell'energia fluidica cosmica, e l'essersi posto in relazione con essa sarebbe stata anche la giustificazione di qualsiasi tipo di autorità; quindi sia il Re sacrale, sia il mago, sia il guaritore, per ottenere ed esercitare legittimamente il loro potere, avrebbero dovuto mettersi in contatto con l'Acqua spirituale. Con ogni probabilità si può supporre che in epoche più antiche il contatto con le acque sacre fosse consentito solo a determinate condizioni ed a determinati individui. (…)
(…) la stessa religione cristiana avrebbe adottato nei suoi riti e nelle sue usanze, nonostante la sua pretesa di assoluta novità riguardo alle tradizioni precedenti, parecchi elementi rituali di tipo arcaico. Relativamente al valore simbolico dell'acqua, ci si potrebbe riferire al sacramento del battesimo; esso non casualmente veniva ritenuto efficace per lavare il 'peccato', ovvero la traduzione in chiave exoterica e moderna della negatività e della disarmonia. E quando l'ortodossia dogmatica si trasforma, presso il popolo, in un insieme di concezioni prevalentemente superstiziose, come è avvenuto ad esempio nel sud dell'Italia, anche i riti cattolici verrebbero interpretati in senso “magico”, o per meglio dire “stregonico”, e per esempio il battesimo viene considerato garanzia contro il “malocchio”, la “fascinatura” e l’ “attaccamento”. Anche in un ambito ben diverso, quello della tradizione ermetica, il simbolismo del lavaggio dei vari elementi, “metalli” o composti alchemici aveva un'importanza fondamentale. Alcune massime di questa tradizione suonavano nel seguente modo: “Vade ad mulierem lavantem pannos, tu fac similiter” (Vai dalla Donna che lava i panni, e mettiti a fare lo stesso); “Aes philosophorum hydropicum est, et vult lavari septies in fluvio, ut Naaman leprosus in Jordane” (Il bronzo filosofico è idropico, e deve essere lavato sette volte, come Naaman il lebbroso nel fiume Giordano).
Si farebbe dunque riferimento ad un'opera faticosa, intensa e costante di lavaggio e di purificazione, che probabilmente dovrebbe essere compiuta molto più a livello interiore che esteriore, e che potrebbe forse avere il fine di distillare e di portare alla luce l'essenza più profonda di ogni componente dell'essere umano, al fine di guarire da uno stato di impurità paragonato significativamente ad una lebbra, cioè ad un morbo che consuma e corrode.
(…)
Però l'acqua non sarebbe l'unica sostanza in grado di operare una “purificazione”; quest'ultima parola,
quanto alla sua origine etimologica, deriverebbe infatti proprio dal greco Pyr, che significava “fuoco”.
Dunque, oltre ad un'acqua purificatrice, dovrebbe esistere anche un fuoco purificatore, ed anzi si potrebbe giungere ad affermare che per purificare certe cose servirebbe l'acqua, per altre sarebbe necessario il fuoco.
La purificazione col fuoco, come si può ben intuire, sarebbe inscindibile da un aspetto di distruzione ed annichilimento di ciò che c'era prima. Si potrebbe dire che, mentre l'acqua purificatrice avrebbe caratteristiche analogicamente femminili, il fuoco come elemento purificatore potrebbe avere caratteristiche analogicamente maschili e “guerriere”, e dovrebbe quindi servire per riequilibrare situazioni in cui vi fosse un eccesso abnorme di quello che si può definire “femminile impuro”, o “Acqua impura”.
Si tratterebbe plausibilmente di disarmonie che apparterrebbero ad una sfera di “lunarità” caotica e pericolosa.
Infatti nella mitologia universale il femminile, oltre che essere legato a valori di dolcezza, di bellezza, di serenità, di nobiltà, di positività, di armonia, possederebbe anche un lato pericoloso, deviatore, abissale, da cui sarebbe probabilmente necessario guardarsi e proteggersi, sia da parte di individui di sesso femminile - forse al fine, nel loro caso, di effettuare una presa di contatto e di controllo di una dimensione ad esse intrinseca ed essenziale - sia da parte di individui di sesso maschile. (…)
L'Acqua impura, più che una caratteristica che vada assegnata ad esseri di sesso femminile, sarebbe una particolare manifestazione della negatività, ovvero quel modo d'essere disarmonico che si esprimerebbe in forma indiretta, attrattiva, subdola, penetrante, viscida, vischiosa.
Il Fuoco impuro, invece, sarebbe legato ad un attacco che cerca di stroncare, di abbattere, di travolgere le difese dell'individuo, confrontando in modo diretto forza con forza. Esso corrisponderebbe ad un modo disarmonico di manifestarsi di alcune caratteristiche definibili come maschili; sue manifestazioni sul piano caratteriale sarebbero ira, egoismo, violenza, aggressività, volontà di potere personale, di sopraffazione e di distruzione.
Tutte questi stati d'essere farebbero in qualche modo riferimento ad una sorta di “irrigidimento” dell'individuo nei confronti di ciò che lo circonda, laddove invece le manifestazioni dell'Acqua impura si manifesterebbero come un eccessivo “rilasciamento” ed “abbandono”.
È inutile dire che anche il Maschile impuro potrebbe essere una caratteristica tanto di uomini quanto di donne, e che anche relativamente ad esso sia necessaria la massima attenzione, al fine di evitare di
esserne preda.
Così come l'acqua “sacra” avrebbe avuto il potere di “pulire” l'individuo dalle negatività, tutte le sostanze legate in senso analogico alla sfera del maschile avrebbero la valenza di purificare nel segno del fuoco, proprio perché potrebbero riequilibrare una “lunarità” caotica e troppo accentuata.
Tradizionalmente una di tali sostanze è lo zolfo, il quale infatti era utilizzato per depurare gli ambienti
dalle influenze fluidiche ostili.
Dell'aglio, che contiene molto zolfo, si diceva che tenesse lontano i vampiri, ed anticamente si sosteneva che i demoni oscuri sarebbero stati impauriti e scacciati dalle lame di ferro od acciaio.
Esisteva inoltre un rito universalmente diffuso che sintetizzava, per così dire, i due tipi di purificazione: il bagno di sudore. Esso infatti utilizzava sia il fuoco, che dava il suo calore, sia l'acqua, che si trasformava in vapore. Col sudore il corpo espelle tutte le sue impurità - cosa che non si può ottenere con un semplice lavaggio “freddo” - ma anche l'Anima si libererebbe, secondo un nesso analogico, di tutto ciò che la appesantisce.
Tali usanze erano diffuse su scala mondiale: se ne conosce l'impiego presso gli Sciti, le genti scandinave (presso cui è ancora oggi diffusissima la sauna), le etnie di ceppo turco, i Caucasici e gli asiatici in generale, i Nativi americani (con le loro tecniche rituali relative alla 'capanna del sudore') e molte altre genti.»
E dopo questa dissertazione trans-culturale, che serviva più che altro a spiegare il punto e ad accennare qualcosa sulle valenze purificatorie di acqua e fuoco, elenco alcune pratiche che ho trovato circa l’utilizzo della magia in medicina; vorrei dire “purificazione”, ma come vedrete si tratta più spesso di esorcismo.
Perché, come affermato in “La medicina dei celti”,
«Tutta la medicina naturale è in sé stessa un esorcismo. (…) La medicina è un’attività magica. Una nozione, che ritroveremo anche in Berry o in Mayenne, dove maghi e guaritori sono al servizio di una
popolazione rurale e cittadina, è che la vera medicina è un’azione magica (…). Il comune denominatore tra un guaritore contemporaneo e uno sciamano è la pratica dell’esorcismo, cioè l’espulsione per mezzo di piante, di formule o di ipnotizzazioni, di un corpo dannoso ed estraneo. Malattia o demone (…), sono cambiati solo i termini, secondo i tempi e le culture.»
«Simbolicamente l'acqua lava e purifica uno stato caotico ed impuro, rimuove la negatività e la malattia. In tutte le tradizioni c'erano riti che contemplavano l'uso di un'acqua “sacra”, perché al significato profano il rito sovrapponeva un significato profondo; ci si potrebbe riferire alle aspersioni di acqua “benedetta” che erano diffuse in tutte le religioni orientali od occidentali. Il versare acqua su un essere vivente o su un oggetto avrebbe avuto anche il valore di una rigenerazione, di un conferimento di potere. Detto per inciso, bisogna considerare che la purificazione della parte sottile non sempre coincide con la pulizia esteriore del corpo, specie nel senso in cui quest'ultima è intesa e ricercata dagli uomini e dalle donne moderne. Si potrebbe anzi dire che i moderni, probabilmente per una forma di disgusto verso tutto ciò che è fisico e fisiologico - disgusto che è tanto più sorprendente dato che è proprio sul piano materiale che sembrano vertere tutti i loro interessi - cercano con ogni mezzo di cancellare la propria stessa corporeità, per giungere ad una specie di asetticità fisica; la quale peraltro è tipica non degli esseri viventi, ma degli oggetti inanimati, specie di quelli prodotti industrialmente, come la plastica. (…)
D'altra parte sarebbe forse il caso di precisare, per evitare equivoci, che la “pulizia” interiore alla quale ci si riferisce non sarebbe certo riconducibile nemmeno alla sfera della morale - almeno così come essa è oggigiorno intesa - bensì è uno stato di bellezza, di armonia e di sintonia con la propria parte profonda, che potrebbe anche benissimo esprimersi con atti e comportamenti i quali non sarebbero per niente apprezzati dai moralisti e dai benpensanti. (…)
Nella storia antica si trova traccia di luoghi naturali, cioè fonti, fiumi o altri corsi d'acqua, che avrebbero posseduto speciali poteri di guarigione, dei quali poteva beneficiare chi si fosse bagnato o immerso nelle acque sacre.
Si potrebbe intuire che la Fonte era simbolo del punto metafisico da cui scaturisce la manifestazione
dell'energia fluidica cosmica, e l'essersi posto in relazione con essa sarebbe stata anche la giustificazione di qualsiasi tipo di autorità; quindi sia il Re sacrale, sia il mago, sia il guaritore, per ottenere ed esercitare legittimamente il loro potere, avrebbero dovuto mettersi in contatto con l'Acqua spirituale. Con ogni probabilità si può supporre che in epoche più antiche il contatto con le acque sacre fosse consentito solo a determinate condizioni ed a determinati individui. (…)
(…) la stessa religione cristiana avrebbe adottato nei suoi riti e nelle sue usanze, nonostante la sua pretesa di assoluta novità riguardo alle tradizioni precedenti, parecchi elementi rituali di tipo arcaico. Relativamente al valore simbolico dell'acqua, ci si potrebbe riferire al sacramento del battesimo; esso non casualmente veniva ritenuto efficace per lavare il 'peccato', ovvero la traduzione in chiave exoterica e moderna della negatività e della disarmonia. E quando l'ortodossia dogmatica si trasforma, presso il popolo, in un insieme di concezioni prevalentemente superstiziose, come è avvenuto ad esempio nel sud dell'Italia, anche i riti cattolici verrebbero interpretati in senso “magico”, o per meglio dire “stregonico”, e per esempio il battesimo viene considerato garanzia contro il “malocchio”, la “fascinatura” e l’ “attaccamento”. Anche in un ambito ben diverso, quello della tradizione ermetica, il simbolismo del lavaggio dei vari elementi, “metalli” o composti alchemici aveva un'importanza fondamentale. Alcune massime di questa tradizione suonavano nel seguente modo: “Vade ad mulierem lavantem pannos, tu fac similiter” (Vai dalla Donna che lava i panni, e mettiti a fare lo stesso); “Aes philosophorum hydropicum est, et vult lavari septies in fluvio, ut Naaman leprosus in Jordane” (Il bronzo filosofico è idropico, e deve essere lavato sette volte, come Naaman il lebbroso nel fiume Giordano).
Si farebbe dunque riferimento ad un'opera faticosa, intensa e costante di lavaggio e di purificazione, che probabilmente dovrebbe essere compiuta molto più a livello interiore che esteriore, e che potrebbe forse avere il fine di distillare e di portare alla luce l'essenza più profonda di ogni componente dell'essere umano, al fine di guarire da uno stato di impurità paragonato significativamente ad una lebbra, cioè ad un morbo che consuma e corrode.
(…)
Però l'acqua non sarebbe l'unica sostanza in grado di operare una “purificazione”; quest'ultima parola,
quanto alla sua origine etimologica, deriverebbe infatti proprio dal greco Pyr, che significava “fuoco”.
Dunque, oltre ad un'acqua purificatrice, dovrebbe esistere anche un fuoco purificatore, ed anzi si potrebbe giungere ad affermare che per purificare certe cose servirebbe l'acqua, per altre sarebbe necessario il fuoco.
La purificazione col fuoco, come si può ben intuire, sarebbe inscindibile da un aspetto di distruzione ed annichilimento di ciò che c'era prima. Si potrebbe dire che, mentre l'acqua purificatrice avrebbe caratteristiche analogicamente femminili, il fuoco come elemento purificatore potrebbe avere caratteristiche analogicamente maschili e “guerriere”, e dovrebbe quindi servire per riequilibrare situazioni in cui vi fosse un eccesso abnorme di quello che si può definire “femminile impuro”, o “Acqua impura”.
Si tratterebbe plausibilmente di disarmonie che apparterrebbero ad una sfera di “lunarità” caotica e pericolosa.
Infatti nella mitologia universale il femminile, oltre che essere legato a valori di dolcezza, di bellezza, di serenità, di nobiltà, di positività, di armonia, possederebbe anche un lato pericoloso, deviatore, abissale, da cui sarebbe probabilmente necessario guardarsi e proteggersi, sia da parte di individui di sesso femminile - forse al fine, nel loro caso, di effettuare una presa di contatto e di controllo di una dimensione ad esse intrinseca ed essenziale - sia da parte di individui di sesso maschile. (…)
L'Acqua impura, più che una caratteristica che vada assegnata ad esseri di sesso femminile, sarebbe una particolare manifestazione della negatività, ovvero quel modo d'essere disarmonico che si esprimerebbe in forma indiretta, attrattiva, subdola, penetrante, viscida, vischiosa.
Il Fuoco impuro, invece, sarebbe legato ad un attacco che cerca di stroncare, di abbattere, di travolgere le difese dell'individuo, confrontando in modo diretto forza con forza. Esso corrisponderebbe ad un modo disarmonico di manifestarsi di alcune caratteristiche definibili come maschili; sue manifestazioni sul piano caratteriale sarebbero ira, egoismo, violenza, aggressività, volontà di potere personale, di sopraffazione e di distruzione.
Tutte questi stati d'essere farebbero in qualche modo riferimento ad una sorta di “irrigidimento” dell'individuo nei confronti di ciò che lo circonda, laddove invece le manifestazioni dell'Acqua impura si manifesterebbero come un eccessivo “rilasciamento” ed “abbandono”.
È inutile dire che anche il Maschile impuro potrebbe essere una caratteristica tanto di uomini quanto di donne, e che anche relativamente ad esso sia necessaria la massima attenzione, al fine di evitare di
esserne preda.
Così come l'acqua “sacra” avrebbe avuto il potere di “pulire” l'individuo dalle negatività, tutte le sostanze legate in senso analogico alla sfera del maschile avrebbero la valenza di purificare nel segno del fuoco, proprio perché potrebbero riequilibrare una “lunarità” caotica e troppo accentuata.
Tradizionalmente una di tali sostanze è lo zolfo, il quale infatti era utilizzato per depurare gli ambienti
dalle influenze fluidiche ostili.
Dell'aglio, che contiene molto zolfo, si diceva che tenesse lontano i vampiri, ed anticamente si sosteneva che i demoni oscuri sarebbero stati impauriti e scacciati dalle lame di ferro od acciaio.
Esisteva inoltre un rito universalmente diffuso che sintetizzava, per così dire, i due tipi di purificazione: il bagno di sudore. Esso infatti utilizzava sia il fuoco, che dava il suo calore, sia l'acqua, che si trasformava in vapore. Col sudore il corpo espelle tutte le sue impurità - cosa che non si può ottenere con un semplice lavaggio “freddo” - ma anche l'Anima si libererebbe, secondo un nesso analogico, di tutto ciò che la appesantisce.
Tali usanze erano diffuse su scala mondiale: se ne conosce l'impiego presso gli Sciti, le genti scandinave (presso cui è ancora oggi diffusissima la sauna), le etnie di ceppo turco, i Caucasici e gli asiatici in generale, i Nativi americani (con le loro tecniche rituali relative alla 'capanna del sudore') e molte altre genti.»
E dopo questa dissertazione trans-culturale, che serviva più che altro a spiegare il punto e ad accennare qualcosa sulle valenze purificatorie di acqua e fuoco, elenco alcune pratiche che ho trovato circa l’utilizzo della magia in medicina; vorrei dire “purificazione”, ma come vedrete si tratta più spesso di esorcismo.
Perché, come affermato in “La medicina dei celti”,
«Tutta la medicina naturale è in sé stessa un esorcismo. (…) La medicina è un’attività magica. Una nozione, che ritroveremo anche in Berry o in Mayenne, dove maghi e guaritori sono al servizio di una
popolazione rurale e cittadina, è che la vera medicina è un’azione magica (…). Il comune denominatore tra un guaritore contemporaneo e uno sciamano è la pratica dell’esorcismo, cioè l’espulsione per mezzo di piante, di formule o di ipnotizzazioni, di un corpo dannoso ed estraneo. Malattia o demone (…), sono cambiati solo i termini, secondo i tempi e le culture.»
1.1 – La medicina nell’antica Mesopotamia
L’origine della malattia nell’antica Mesopotamia era soggetta a un’interpretazione strettamente magicoreligiosa.
Si credeva che ogni individuo fosse protetto da un dio e da una schiera di spiriti benefici, quindi l’avvento di una malattia implicava che l’individuo dovesse aver fatto qualcosa che costituisse peccato o infrazione, e che così facendo avesse irritato il suo dio protettore, che di conseguenza aveva abbandonato l’umano alla mercé dei demoni malvagi. Il malato era quindi sempre visto come un peccatore, e il primo compito di un guaritore era indovinare la colpa che stava alla base di ogni malattia. Per fare questo si ricorreva a pratiche divinatorie. Una volta individuata l’origine della malattia e raccolti i presagi sul suo decorso, il medico o l’esorcista dovevano affrontare il problema dell’allontanamento dell’essenza malefica che si era impossessata del malato. Questo compito era realizzato mediante una serie di pratiche magiche, incantesimi ed esorcismi. Si recitavano formule segrete, specifiche per ogni malattia, e s’invocava il nome segreto degli dèi. Con grande frequenza era impiegato il fuoco a scopo purificatore e di minaccia contro i demoni, che venivano spesso bruciati in effige. Anche l’acqua aveva un suo significato simbolico connesso al concetto di purificazione e contrapposto alla malattia intesa come sporcizia. Non era raro l’uso di fumigazioni e cataplasmi, sempre con intenti magici diretti a scacciare lo spirito malvagio dal corpo dell’ammalato. L’usanza più curiosa e ripugnante era quella di far ingerire al malato sostanze sgradevoli e disgustose, allo scopo di nauseare il demone e convincerlo ad andarsene.
Due o tre cose saltano all’occhio: qui troviamo elementi e credenze che riscontriamo ancora ai giorni nostri, come l’utilizzo del fuoco (sebbene il suo modo d’agire sia controverso), dell’acqua e delle fumigazioni. Anche l’usanza di cercare di “ripugnare” il demone non è scomparsa con i mesopotamici: era ancora una credenza diffusa in epoca cristiana che fosse meglio evitare di lavarsi perché si pensava che la puzza disgustasse e tenesse lontani i demoni.
1.2 – La medicina nell’antico Egitto
Nell’Egitto faraonico, medicina e magia procedevano di pari passo. Poiché incantesimi ed esorcismi erano costituiti in gran parte da invocazioni rivolte alle divinità e poiché mansioni mediche erano svolte anche dai sacerdoti, alcuni definiscono la medicina egizia non magica, ma religiosa. La distinzione è tanto sottile da essere quasi inconsistente. L’esorcismo praticato dal medico egizio non era una generica invocazione alla divinità per impetrare da essa la guarigione, ma una formula a netto carattere magico, che aveva valore di per sé stessa.
La forma più semplice dell’invocazione o carme magico, era quella in cui ci si rivolgeva alla divinità, al defunto o alla malattia che aveva provocato il male, invitandoli con blandizie o con minacce ad abbandonare l’individuo colpito. Esistono testi contenenti frasi semplici e ingenue e brani dotati di suggestiva e poetica potenza. È un interessante esempio di esorcismo mediante la parola.
Anche per quanto riguarda la chirurgia, ritroviamo credenze magico-religiose: gli egizi praticavano la trapanazione del cranio da tempi antichissimi, dapprima su animali e poi anche su persone, ed era più probabile che lo facessero perché spinti da una concezione magica che li portava a far uscire dalla testa del malato il demone responsabile della malattia, piuttosto che da considerazioni fisiopatologiche allora impossibili.
Va detto però che la medicina in Egitto non si limitava al suo carattere magico-religioso, ma comprendeva anche una parte di diagnostica rigorosa e di cure basate su una ricchissima farmacopea e altri metodi empirici.
1.3 – La medicina vedica
La medicina all’epoca della costituzione della civiltà indo-ariana fu essenzialmente magico-religiosa. Anzi, possiamo affermare che essa fu in un primo tempo prevalentemente religiosa e in un secondo tempo prevalentemente magica.
La prima fase ci è testimoniata soprattutto dal Rigveda, il più antico dei testi vedici, che consta in 1028 inni. L’argomento dell’opera è principalmente costituito da invocazioni e preghiere. Per quanto riguarda la medicina, si può constatare come essa si basasse più che altro su invocazioni rivolte agli dèi per impetrare da essi la guarigione delle malattie.
Se facciamo un confronto fra il testo del Rigveda e quello dell’Atharvaveda, cronologicamente posteriore, notiamo come dalle preghiere agli sèi si passi agli incantesimi e agli scongiuri che hanno valore per sé stessi. La concezione della malattia è nell’Atharvaveda nettamente demonologica, impostata sulla considerazione dello stato morboso come provocato da un demone o addirittura sull’identificazione fra il demone e la malattia. Le pratiche magiche a scopo terapeutico si basavano sulla recitazione di invocazioni invitanti il demone-malattia ad abbandonare l’organismo colpito, oltre che su altri rimedi legati all’ingestione di erbe e sostanze che si riteneva avessero proprietà magiche. L’uso dell’acqua era molto diffuso nella medicina vedica e ciò sembra ricollegarsi a tradizioni più antiche, perfino pre-ariane. Il ruolo delle acque era importate anche dal punto di vista cosmico, essendo attribuita ad esse la qualità di elemento primordiale, matrice di tutte le cose.
Si credeva che l’acqua avesse anche doti purificatrici e se ne faceva quindi uso mediante lavacri ed abluzioni come rimedio anti-demoniaco.
Ancora una volta vediamo la funzione purificatrice dell’acqua, la concezione di malattia come demonemalattia, e l’esorcismo, concettualmente non troppo distante dalla purificazione e usato in concomitanza con essa.
1.4 – La medicina greco-romana
È molto curioso che la prima fonte in cui mi sia imbattuta che parlava di una forma di medicina grecoromana fosse un libro sulla divinazione greco-romana. Più precisamente, la voce:
«Iatromanzia: è il metodo basato sull’esercizio dell’arte di guarigione e coincide con la purificazione dei malati su basi animistico-demoniche. Intende eliminare la causa primordiale dell’infermità, individuata secondo la concezione più antica, difficilmente invalidata dalla religione olimpica, nella contaminazione (míasma). La iatromanzia non implica necessariamente la prescrizione di una terapeutica precisa, ma prevede la rivelazione della causa dell’ira della divinità, come insegna in modo esemplare la storia di Edipo. (…)»
È una concezione che a prima vista ricorda quella dei popoli mesopotamici – o almeno, sono elementi in comune l’ira di una divinità, la base animistico-demonica e la necessità di una pratica divinatoria.
Purtroppo il libro non spiega come avvenisse poi la purificazione, dice solo che una volta individuata la divinità astrale responsabile della malattia, il medico sceglierà di conseguenza i farmaci per attirarne la benevolenza. Non so se si tratti di un caso di purificazione per intervento divino (cosa che comunque era comune per i greci, come vedremo nel prossimo capitolo) o se anche le medicine si supponeva concorressero nella purificazione.
1.5 – La medicina tribale e la prevenzione delle malattie
Riunisco sotto questo lapidario titolo ciò che ho raccolto su realtà religiose molto piccole, anche geograficamente, o su cui ci sono pochi studi. C’è poco da dire, se non fare una sequela di esempi, molti dei quali riportano pratiche che hanno dei tratti in comune. Sembrerà un elenco, ma mi è difficile fare diversamente.
- L’Erba Santa, una pianta che cresce nelle regioni montuose dell’Arizona, del Nuovo Messico, del Messico e della California, era molto importante per i nativi di quei luoghi perché si diceva neutralizzasse gli influssi negativi e gli spiriti maligni: per queste ragioni era bruciata nei rituali curativi e nei luoghi di degenza, e viene tuttora custodita nel sacchetto delle medicine
- In alcune isole della Melanesia esistono medici del tipo degli sciamani, specializzati nella comunicazione con gli spiriti, che essi scacciano dal corpo dei malati.
- Gli sciamani ciukci (Siberia nord-orientale) usavano il mazzuolo (uno strumento rituale comune a molti sciamanismi) per scacciare gli spiriti delle malattie, colpendo con esso le parti malate del corpo del paziente.
- Fra gli aborigeni australiani esistono persone che sono medici-sciamani di professione, e praticano una forma di medicina magica, fra le cui pratiche è citata quella di “succhiar fuori dal malato un cristallo o una pietra immaginaria”. Una pratica molto simile è stata riportata fra gli sciamani yahgan (Terra del Fuoco, Sud America) e fra gli indigeni della California (dove la pratica è succhiar fuori il dolore – inteso come malattia). “Succhiar fuori” la malattia è una pratica comune a molti sciamanismi, e come si diceva all’inizio del capitolo, la rimozione di un elemento di disturbo (fisico o metafisico) è un tratto che accomuna lo sciamanesimo alla medicina anche moderna, e che ricorre anche nelle pratiche di esorcismo e purificazione. Nulla fa supporre però che questa pratica tribale sia, o sia accompagnata da, una purificazione.
- Frazer, ne “Il ramo d’oro”, racconta come fosse costumanza degli indiani Apalai (Sud America) farsi mordere sul viso e sul corpo dalle formiche nere, per far si che il pizzicore allontani i demoni della malattia aggrappati al loro corpo; allo stesso scopo in Amboyna e nell’Uliase (Indonesia) si cospargeva il corpo dei malati con spezie piccanti, come zenzero e chiodi di garofano. E ancora: «Sulla Costa degli Schiavi, se un bimbo si ammala la madre pensa che uno spirito maligno si sia impadronito del corpo e, per scacciarlo, gli pratica numerosi taglietti e, nelle piccole ferite, mette pepe verde o spezie così da procurare dolore allo spirito maligno, costringendolo ad andarsene.»
Una credenza comune ad alcuni popoli africani è quella secondo cui un uomo che abbia fatto un viaggio possa aver contratto, magicamente, qualche male dagli stranieri che ha frequentato (anche se è andato solo in un territorio contiguo). Quindi, quando torna a casa, prima di venire nuovamente accolto dalla sua tribù, deve sottoporsi a cerimonie di purificazione.
- I Bechuana (Batswana, popolo dell’Africa meridionale) «dopo un viaggio si puliscono, o purificano, rasandosi, fra l’altro, il capo, nel timore di aver contratto qualche male grazie a un incantesimo o a una stregoneria ad opera degli stranieri.»
- E: «In alcune zone dell’Africa occidentale, quando un uomo fa ritorno a casa dopo una lunga assenza, non può recarsi dalla moglie se prima non si è lavato con un liquido particolare e lo stregone non gli ha tracciato un segno sulla fronte, per annullare qualsiasi sortilegio eventualmente operato contro di lui da una donna straniera dopo la sua partenza e che, per suo tramite, potrebbe trasmettersi alle donne del villaggio.»
- Gli sciamani ciukci (Siberia nord-orientale) usavano il mazzuolo (uno strumento rituale comune a molti sciamanismi) per scacciare gli spiriti delle malattie, colpendo con esso le parti malate del corpo del paziente.
- Fra gli aborigeni australiani esistono persone che sono medici-sciamani di professione, e praticano una forma di medicina magica, fra le cui pratiche è citata quella di “succhiar fuori dal malato un cristallo o una pietra immaginaria”. Una pratica molto simile è stata riportata fra gli sciamani yahgan (Terra del Fuoco, Sud America) e fra gli indigeni della California (dove la pratica è succhiar fuori il dolore – inteso come malattia). “Succhiar fuori” la malattia è una pratica comune a molti sciamanismi, e come si diceva all’inizio del capitolo, la rimozione di un elemento di disturbo (fisico o metafisico) è un tratto che accomuna lo sciamanesimo alla medicina anche moderna, e che ricorre anche nelle pratiche di esorcismo e purificazione. Nulla fa supporre però che questa pratica tribale sia, o sia accompagnata da, una purificazione.
- Frazer, ne “Il ramo d’oro”, racconta come fosse costumanza degli indiani Apalai (Sud America) farsi mordere sul viso e sul corpo dalle formiche nere, per far si che il pizzicore allontani i demoni della malattia aggrappati al loro corpo; allo stesso scopo in Amboyna e nell’Uliase (Indonesia) si cospargeva il corpo dei malati con spezie piccanti, come zenzero e chiodi di garofano. E ancora: «Sulla Costa degli Schiavi, se un bimbo si ammala la madre pensa che uno spirito maligno si sia impadronito del corpo e, per scacciarlo, gli pratica numerosi taglietti e, nelle piccole ferite, mette pepe verde o spezie così da procurare dolore allo spirito maligno, costringendolo ad andarsene.»
Una credenza comune ad alcuni popoli africani è quella secondo cui un uomo che abbia fatto un viaggio possa aver contratto, magicamente, qualche male dagli stranieri che ha frequentato (anche se è andato solo in un territorio contiguo). Quindi, quando torna a casa, prima di venire nuovamente accolto dalla sua tribù, deve sottoporsi a cerimonie di purificazione.
- I Bechuana (Batswana, popolo dell’Africa meridionale) «dopo un viaggio si puliscono, o purificano, rasandosi, fra l’altro, il capo, nel timore di aver contratto qualche male grazie a un incantesimo o a una stregoneria ad opera degli stranieri.»
- E: «In alcune zone dell’Africa occidentale, quando un uomo fa ritorno a casa dopo una lunga assenza, non può recarsi dalla moglie se prima non si è lavato con un liquido particolare e lo stregone non gli ha tracciato un segno sulla fronte, per annullare qualsiasi sortilegio eventualmente operato contro di lui da una donna straniera dopo la sua partenza e che, per suo tramite, potrebbe trasmettersi alle donne del villaggio.»
Nikker
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