lunedì 14 marzo 2016

La Magia Presso gli Ittiti

La civiltà degli Ittiti fiorì nella penisola Anatolica (odierna Turchia) nel II millennio a.C.
In tutta l’area vicino orientale, regno di Hatti compreso, la magia, come abbiamo visto nello scorso articolo sui Babilonesi, faceva parte della vita di ogni giorno e veniva praticata con grande frequenza.
Presso gli Ittiti magia e religione non erano nettamente separate, ma anzi erano interconnesse: le stesse leggi che regolavano le forze su cui si reggeva il mondo valevano per il mondo divino e per quello umano e con la conoscenza di tali leggi si operavano incantesimi, divinazione, medicina.
Diverse occasioni potevano richiedere un rituale: l’erezione di un edificio (a scopo propiziatorio), morti annunciate tramite oracoli, malattie, per attenuare discordi in famiglia, per assicurare la vittoria dell’esercito in battaglia.
La magia nera (ovvero quella volta specificamente a danneggiare o uccidere un antagonista) era proibita e veniva punita severamente; ciononostante, sappiamo da fonti scritte che essa veniva praticata perfino a corte (ne vennero accusate almeno due principesse).
Lo studio delle tavolette magiche permette di comprendere i meccanismi alla base del funzionamento degli incantesimi. Due pratiche molto diffuse erano quelle dell’analogia e del contatto, basate sulle leggi della simpatia e dell’antipatia (si trovano in una situazione di simpatia quelle creature, piante o oggetti che sono in qualche modo affini, in antipatia tutte le cose viste come opposti).
Gli incantesimi fondati sul principio dell’analogia sfruttavano l’impiego di oggetti come l’acqua, la cera fusa, i vasi: fondendo la cera, facendo scorrere via l’acqua, rompendo il vaso si rappresentava l’eliminazione della condizione negativa, del male, causa del problema da risolvere. La tecnica del contatto prevedeva che la persona affetta dal problema toccasse l’oggetto da incantare (spesso venivano usati fili di lana colorata annodati in modo simbolico sul paziente).
I rituali di contatto prevedevano anche procedure di identificazione e sostituzione: si stabiliva il contatto tra il “signore del rituale” (EN SISKUR), ovvero il committente, e l’oggetto da incantare; quest’ultimo diventava quindi a tutti gli effetti un sostituto del committente/paziente, assorbendo su di sé il male e la negatività e liberando il “signore del rituale”.
La tecnica del sostituto era spesso impiegata per allontanare la morte da qualcuno: in genere venivano usati sostituti simbolici, come figurine di esseri umani in creta o materiali vari, ma anche animali e, talvolta, prigionieri di guerra (d’altra parte gli Ittiti non sono certo noti per la loro gentilezza!).
L’azione magica veniva sempre accompagnata dalla recitazione di una formula.
Il rituale, nella sua forma completa, veniva chiamato aniur e veniva officiato da un “sacerdote esorcista” (AZU), un indovino (HAL), un medico (A.ZU) al servizio del palazzo reale, oppure, più spesso, da una donna definita semplicemente “la vecchia” (khašawa), una figura di esorcista appartenente alla più antica tradizione luvia e hurrita (popolazioni presenti nell’ara prima dell’egemonia ittita).
Come si diceva all’inizio, magia e religione erano interconnesse: per esempio, durante i violenti temporali che si scatenavano su Hattuša, la capitale di Hatti (il regno ittita), si cercava di pacificare il dio della Tempesta Telipinu/Teshub con un rituale appropriato seguito dalla recitazione del racconto mitologico denominato “La luna che cadde dal cielo” (in cui si racconta di come, durante un accesso d’ira, il dio della tempesta sbalzò la luna giù dal cielo).
In altri casi si cercava di riguadagnare il favore di divinità offese che avevano abbandonato il Hatti: si celebrava quindi un apposito rituale durante il quale venivano recitati i cosiddetti miti mugawar (letteralmente, invocazioni), volti appunto a richiamare in patria gli dei scomparsi.
Il mito del serpente Illuyanka che lotta contro il dio della tempesta veniva invece recitato periodicamente in occasione di una delle feste religiose più importanti del paese, la festa purulli (= terra). Scopo probabile della festa e della recitazione del mito era il rafforzamento del potere regio e al rinnovamento delle capacità produttive del paese, motivo per cui essa veniva celebrata all’inizio del nuovo anno.
Altre festività religiose di estrema importanza erano celebrate all’inizio della primavera e all’inizio dell’autunno, momenti cruciali nella produzione agricola.
La prima, la festa AN.TAH.ŠUM.SAR , durava trentotto giorni e prendeva il nome dall’omonima pianta (croco oppure finocchio, non sappiamo con precisione): essa prevedeva un viaggio cultuale della coppia regale attraverso i maggiori centri del paese.
La seconda festa, celebrata in autunno, veniva chiamata nuntarriyašha (letteralmente, “festa della fretta”) e anch’essa prevedeva un viaggio attraverso il paese.
Il viaggio, presente in entrambe le feste, mirava al duplice scopo di onorare tutte le divinità locali (meglio non farne offendere nessuna!) e riaffermare il controllo regio sul territorio.
Momento clou della festa era l’offerta alle divinità, durante la quale veniva anche svolta un’azione magica molto importante descritta nei testi come “il re (la coppia regale” beve la  divinità” (ricorda qualcosa?), gesto mediante il quale il sovrano condivideva l’essenza divina.
Infine, due parole sulla divinazione: oltre a pratiche ben conosciute e diffuse in tutta l’area mediterranea, come l’aruspicina, l’esame del volo degli uccelli, l’interpretazione e l’incubazione di sogni, troviamo particolarità prettamente ittite, come l’osservazione dei movimenti di un serpente all’interno di un bacino d’acqua o il cosiddetto KIN, “oracolo delle sorti”; veniva usato dalle “vecchie” di cui si è detto sopra. In questo oracolo, alcuni oggetti assumevano il valore di persone – il re, la regina, ecc. – oppure di situazioni o condizioni – lo stare bene del re, la vittoria dell’esercito; i presagi erano tratti osservando come i simboli entrano in contatto tra loro (probabilmente, all’interno del recinto dove erano racchiusi gli oggetti simbolici veniva liberato un piccolo animale che, muovendosi, faceva spostare i simboli).
Pratica abituale era quella di ricorrere a più tecniche divinatorie in successione.

Bibliografia:
S. De Martino, Gli Ittiti, Carocci Editore
Magie und Zauberei in “Reallexicon der Assyriologie”, pp. 234-255
M. Liverani, “Vicino Oriente. Storia, società economia”, Laterza
F. Pecchioli Daddi, M. Polvani, La mitologia ittita, Brescia 1990
http://www.hethport.uni-wuerzburg.de


1 commento:

  1. Sarò per sempre in debito con il grande dottor Adeleke per aver sistemato il mio matrimonio rotto dopo che mio marito mi ha lasciato per la sua amante per 7 mesi .. la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124. Non ho mai creduto agli incantesimi fino a quando il mio amico non me lo ha presentato. All'inizio ero scettico su di lui perché ho sentito molto parlare di falsi lanciatori di incantesimi, ma ho messo i miei dubbi dietro di me perché volevo disperatamente riavere mio marito e ho fatto secondo quello che mi aveva detto di fare. Ora mio marito è tornato solo 48 ore dopo averlo contattato. Vivo di nuovo felicemente con mio marito dopo 6 mesi di divorzio e non mi riposerò finché non sarà conosciuto in tutto il mondo. È anche specializzato in incantesimi con denaro, lotterie, incantesimi di malattia E.T.C. Connettiti con il dottor Adeleke ora, la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124 ... È potente

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